Personalmente condivido profondamente la visione junghiana secondo cui siamo fatti e ci muoviamo per immagini. In termini analitici si considera la psiche fatta di immagini. In questo senso la psiche non è intesa unicamente come il pensiero Conscio ma anche, e soprattutto, il tessuto di base dell’Inconscio sia personale che collettivo. Il flusso dell’inconscio è un flusso di immagini: la psiche è pertanto fondamentalmente un’esperienza irrazionale.
Jung afferma che ogni nostra esperienza della realtà, “ogni pensiero, ogni sentimento e ogni percezione sono composti d’immagini psichiche, e il mondo esiste soltanto in quanto noi siamo capaci di produrre un’immagine”.
La goccia di tutto quello che conosciamo o pensiamo di conoscere oltre a tutto il mare di quello che non conosciamo sta all’interno della psiche: per questo non possiamo uscire dalla psiche e quindi dalle immagini. Anche il linguaggio verbale è una traduzione raffinata delle immagini, così come lo è, ancora più direttamente, il linguaggio non verbale del corpo.
In altri termini si tratta del substrato di ogni nostra esperienza: quando crediamo di fare un pensiero, una riflessione o quando viviamo una sensazione o un’emozione il vissuto primario è il confronto con un’immagine. Ce ne possiamo rendere conto quando una persona o una situazione ci suscita forti reazioni; una rabbia improvvisa o un gran dispiacere ci coglie. Se ci potessimo fermare, anche a posteriori, ed analizzare cosa è accaduto all’interno della nostra psiche, potremmo notare che molto probabilmente quell’oggetto esterno ci ha fatto reagire perché assomigliava o era “COME SE” ci fossimo trovati di fronte a quella nota immagine che ci portiamo dentro da tempo.
È pensiero comune che un percorso analitico si possa riassumere sempre come un confronto con il padre o la madre. E come tutti i “detti” potremmo dire che, seppur banalizzando, contiene un fondo di vero: più nello specifico in analisi si impara a confrontarsi con le nostre immagini psichiche interiori con cui siamo spesso inconsciamente a contatto. Quindi, a dirla più precisamente, non è il rapporto con i nostri genitori la fonte del problema, quanto piuttosto l’immagine che noi abbiamo del materno o del paterno. Queste immagini fortemente simboliche agiscono, più o meno attivamente durante la nostra vita, attivando quelli che Jung avrebbe chiamato complessi.
I complessi sono la manifestazione personale, vissuta da ogni uomo, dei famosi Archetipi. Materno e paterno sono così archetipi come anche molti altri: il maschile e il femminile, il puer e il senex, la ruota e la morte, il salvatore e l’eroe, solo per citarne alcuni. Si tratta di Immagini che hanno la funzione di strutturare e organizzare l’intera psiche intesa, come dicevamo, oltre il pensiero conscio fino all’inconscio personale per giungere ai confini dell’inconscio collettivo. In questa sorta di Mundus Immaginalis, il flusso delle immagini inconsce, gli Archetipi esistono da sempre in ogni tempo e cultura ed hanno la funzione di organizzare la realtà in un incontro tra Psiche e Materia. In questo senso ognuno di noi fa propri uno o più archetipi principalmente per dare un senso a se stessi e alla realtà in cui vive. L’ignoto o l’irrazionale sarebbe troppo difficile da sostenere e non permetterebbe lo sviluppo dell’Io cosciente.
In questo percorso, per motivi ambientali o caratteristiche personali, può ad esempio succedere che si incarni inconsciamente il complesso del Paterno negativo: un padre che non ha protetto e difeso l’individuo nella sua crescita, che non l’ha rapportato ad un mondo esterno in modo positivo e costruttivo, ma magari si è mostrato castrante, violento e distruttivo come Saturno con i suoi figli. Se questo complesso rimane inconscio, prenderà sempre più forza fino a diventare dittatoriale ed imporre la sua presenza su tutta la visione della nostra vita. Sarà facile che il rapporto con le istituzioni e le regole sia sempre conflittuale, in un perenne movimento di paura di rimanere distrutto e rabbia per l’ingiustizia, fino a scenari che potrebbero arrivare a rendere l’individuo difficilmente adattato alla società e con possibili vene persecutorie.
Altro aspetto interessante a conferma dell’ipotesi che le immagini simboliche ed i complessi regolano il sottile equilibrio tra psiche e materia, è il fatto che un quadro come quello nell’esempio si possa cristallizzare e concretizzare in aspetti e sintomi clinici patologici tipici, coerenti con l’immagine di base. Queste osservazioni sono piuttosto comuni in diverse Medicine Complementari come la Medicina Omeopatica, l’Osteopatia o la Medicina Cinese. Un punto che spero potremmo amplificare nei prossimi nostri dialoghi.
Oggi mi vorrei soffermare sull’altro aspetto, sollevato in modo così vivido dall'Ing. Antonio Manzalini. Le sue riflessioni e spunti profondi sulla fisica quantistica aprono ad interessanti approfondimenti.
Ritrovo numerose analogie tra il comportamento delle immagini archetipiche o dei complessi sulla struttura degli individui e l’azione dei bosoni di NG sulla materia.
Fortunatamente in questo spazio che si è creato – non oserei chiamarlo luogo dell’Anima – possiamo permetterci di non versare ulteriore inchiostro, oltre ai fiumi già scorsi, per avvalorare l’importanza delle immagini e la loro implicanza sulla salute. L’opportunità, quanto mai viva oggi, è quella di approfondirne le dinamiche e le caratteristiche di base, ontologiche o meglio antropologiche, per intendere i loro effetti su noi tutti come individui e sulla collettività in genere.
Il primo punto su cui mi piacerebbe confrontarmi è il fatto che nella clinica capita abitualmente di trovarsi di fronte ad una sorta di “resistenza” delle immagini dei complessi ad un cambiamento. Dopo sedute di analisi, trattamenti omeopatici o osteopatici il sistema tende a ritornare ad una sorta di equilibrio noto, seppur sintomatologicamente patologico. I cambiamenti di stato, o rotture di simmetria come le chiama Manzalini, possono avvenire, ma ancora per modalità poco note. Sicuramente, e questo è un altro possibile approfondimento, un lavoro diretto sulle immagini come potrebbe essere l’Immaginazione Attiva prospetta più duraturi benefici.
Oggi sono curioso di cogliere spunti dalla fisica quantistica. Presupposto che le Immagini simboliche siano analogiche ai bosoni di NG, quali sono le leggi che li regolano in fisica? Esistono bosoni specifici per strutture materiche diverse o intervengono altri elementi? Come si comportano i bosoni quando ci si trova di fronte ad una trasformazione, se non alchemica, quanto meno della materia? In altre parole, partendo da quali sono le caratteristiche intrinseche e specifiche dei bosoni mi piacerebbe verificarne analogie con quelle delle immagini archetipiche.
Per mia struttura e forse necessità, sento di aver sempre bisogno di un riscontro pratico e tangibile. Per quanto possibile la ricerca di un aspetto, sebbene temporaneo e sempre superabile, che permetta di cercare un risvolto concreto, uno strumento che ci permetta di dare risposte concrete agli stati di scompenso delle patologie e dei suoi sintomi. E allo stesso tempo che aggiunga una pietra sul sentiero della evoluzione o individuazione personale e collettiva.
E, felicemente, penso proprio che questo spazio sia un’opportunità quanto mai rara e preziosa su questa via.
Dott. Davide Casalini
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L'universo è Informazione in evoluzione, dove il processo della vita ha un entropia positiva, che tramite i suoi passaggi sempre verso la freccia evolutiva ci presenta tutte le forme ed immagini geometriche in cui siamo immersi e di cui facciamo parte di un insieme indivisibile.
In realtà in un universo con caratteristiche di ologramma a supporto di informazione, che si sposta come materialmente intendiamo noi, non vi è nulla, in realtà c'è dell'informazione che si manifesta ove trova un suo equilibrio con lo spazio ove vi è stimolazione che la fa apparire.